Il Sangiovese e la sua corte

Il Sangiovese e la sua corte - Consprzio Vino Chianti
ll Sangiovese, l’anima del Chianti, è un vitigno autoctono italiano a bacca nera.

È tra i più diffusi (11% della superficie viticola nazionale) e viene coltivato dalla Romagna fino alla Campania, ma è tradizionalmente l’uva più emblematica della Toscana: la maggioranza dei vini più tradizionali e prestigiosi della nostra regione, è prodotta a partire da questa varietà.

Le origini e la provenienza del Sangiovese sono incerte: le prime informazioni sicure risalgono solo al XVI secolo, quando Giovan Vettorio Soderini, nel suo trattato “La coltivazione delle viti“, ne parla dicendo che «il Sangiocheto o Sangioveto è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare».

Anche l’origine del nome è vaga e varie sono le teorie: alcuni sostengono che derivi da “sangiovannese” in quanto originario di San Giovanni Valdarno; altri invece lo fanno risalire a forme dialettali (da “san giovannina” uva primaticcia dato il suo precoce germogliamento a fine giugno per la festa di San Giovanni Battista), infine chi sostiene che derivi da “sanguegiovese”, ossia “sangue di Giove” (in quanto proveniente dal Monte Giove nei pressi di Santarcangelo di Romagna).

In generale, quando si parla di Sangiovese, si parla di una famiglia di uve definite da un gran numero di varietà (cloni) nelle quali si è adattato nel corso dei secoli e nei diversi territori. Si contano oltre cento cloni di questo vitigno.

È mediamente tardivo, viene raccolto solitamente dalla seconda metà di settembre fino a metà di ottobre, ed ha buona capacità di adattamento con tendenza a produzioni abbondanti.

Di foglia media, trilobata o pentalobata, color verde chiaro; l’acino è medio-grande, ovoidale, di buccia violacea tendente al nero, molto ricca di pruina. Ama i terreni argilloso-calcarei e ricchi di scheletro.

Alle giuste condizioni dà vini estremamente fini e di grande longevità, ma è possibile coltivarlo anche per prodotti di uso quotidiano e meno impegnativo. Se ne ottengono anche pregevoli vini spumanti e passiti. I vini da Sangiovese sono piuttosto alcolici, concentrati e in grado di maturare nel tempo.

Nei rossi, prevalgono sentori primari di frutti rossi e neri come prugna, ciliegia e mora, cui possono aggiungersi quelli derivanti dal legno in cui è maturato, come vaniglia, caffè e tabacco.

L’acidità piuttosto marcante e la trama tannica, costituiscono assieme ad uno spettro olfattivo floreale tra i più raffinati, la spina dorsale di questo tanto vibrante quanto delicato gioiello della natura.

Si tratta di un vitigno di non facile maturazione, che necessita di più tempo sulla pianta per raggiungere la pienezza di espressione, evitando che si rovini con l’insistere di possibili piogge nel periodo di vendemmia. Ha una conformazione serrata e compatta, il che lo rende esigente in termini di aria e insolazione, così da compenetrare il grappolo in maniera profonda.

CANAIOLO

Il Canaiolo (conosciuto anche come Canaiolo Nero) è un vitigno a bacca nera diffuso soprattutto nell’Italia centrale, utilizzato nella produzione di diversi vini D.O.C. e D.O.C.G.

In particolare, viene utilizzato per conferire morbidezza al Chianti e nel XVIII secolo era più coltivato dello stesso Sangiovese. Oltre che nel Chianti, il Canaiolo viene utilizzato, quasi esclusivamente in assemblaggio, anche per diversi vini dell’area del centro Italia. La pianta è caratterizzata da una foglia non molto grande, quasi sempre a cinque lobi, con forma tozza ed acini rotondi di colore scuro e opaco mediamente a spargolo e di forma piramidale, alati. È poco vigoroso e produttivo, e questo chiaramente ne limita l’utilizzo quasi al solo taglio, anche se vinificandolo in purezza si ottengono vini distinti, di estrema bevibilità e dinamismo.

COLORINO

Il vitigno Colorino è un autoctono toscano, e deve il suo nome alla colorazione intensa della buccia. Deriva dall’addomesticazione di viti selvatiche, e questo lo rende per certi aspetti simile ai Lambruschi. Il Colorino è stato in passato molto utilizzato negli uvaggi del Chianti, anche in forma di parziale appassimento (governo all’uso toscano), per rinforzarne il colore e la trama. Di elevati livelli di tannini, a foglia medio piccola, si presenta in forma conica piuttosto compatto e di grandezza media. La buccia spessa e molto pruinosa dal colore blu nera genera vini caldi e dal colore intenso, che richiedono dosaggi sobri se utilizzati nel taglio, e lunghi invecchiamenti nei rari casi in cui viene vinificato in purezza.

TREBBIANO TOSCANO

Il vitigno Trebbiano toscano ha origine comune agli altri vitigni della famiglia dei Trebbiani, noti in Italia fin dall’epoca romana. Il loro nome deriva da “Trebula“, ossia fattoria (Plinio il vecchio descrive un “Vinum Trebulanum“, che secondo questa interpretazione, starebbe per “vino di paese”, o “vino casareccio”). Distinguere i vari cloni, che portano un nome che spesso indica la loro provenienza o l’areale di maggior diffusione, non è sempre così facile. La storia ha portato ad esempio il Trebbiano toscano in Francia, a seguito del trasferimento del Papa a Avignone nel quattordicesimo secolo col nome di Ugni Blanc, dove costituisce oggi la base per la produzione del Cognac e dell’Armagnac. Altri datano la sua diffusione oltralpe al matrimonio di Caterina de’Medici con Enrico II di Valois, Re di Francia.

E’ un vitigno caratterizzato più dalla produttività che dalla personalità, e, anche grazie alla spiccata acidità che conferisce ai vini, si presta all’appassimento, dando la sua massima espressione nel Vin Santo del Chianti D.O.C. Un tempo (anche se il nostro disciplinare lo permette ancora) veniva utilizzato nella miscela antica del Chianti, conferendo maggior freschezza e bevibilità al vino.

MALVASIA BIANCA LUNGA DEL CHIANTI

Con il nome Malvasia vengono indicati molti vitigni, la maggior parte a bacca bianca, geograficamente distribuiti un po’ in tutta Italia. Sebbene di origini diverse, tutti questi vitigni condividono alcune caratteristiche di base: infatti presentano tutti, anche se con diversi gradi di intensità, una fragranza piccante di muschio e di albicocca e residui zuccherini piuttosto alti. Queste caratteristiche rendono i vitigni del gruppo delle Malvasie particolarmente adatti alla produzione di spumanti e di passiti. Il loro nome “Malvasia” deriva da una variazione contratta del nome Monembasia, roccaforte bizantina abbarbicata sulle rocce di un promontorio posto a sud del Peloponneso, dove si producevano vini dolci che furono poi esportati in tutta Europa dai Veneziani con il nome di Monemvasia. Il vitigno Malvasia Bianca Lunga esiste in Toscana da secoli e ha fatto parte della ricetta originale del Chianti completata da Ricasoli.

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